mercoledì 23 luglio 2014

Riforma Senato, Grasso al Quirinale, Calderoli e Finocchiaro tentano una mediazione: si prova a superare lo stallo

Pietro Salvatori Headshot

Pubblicato: Aggiornato:

Sono due i binari su cui la maggioranza sta provando in queste ore a muoversi per sbloccare l'impasse. Da un lato Pietro Grasso andrà nel tardo pomeriggio a riferire al Quirinale lo stato dell'arte dei lavori. Un incontro "illustrativo", lo definiscono dalla presidenza. Dopo le sferzanti parole di ieri di Giorgio Napolitano sulla necessità di proseguire sulla strada delle riforme, il Capo dello stato considera questo un tema cruciale. Ma oltre ad una relazione sullo stato dell'arte, altro non trapela, per paura di passi falsi che possano ulteriormente inceppare l'iter del ddl Boschi. Il segnale dell'attenzione del Colle ai lavori del Senato è tuttavia evidente. Così come è evidente la plastica vicinanza, in un passaggio così delicato, di Napolitano e dell'ex magistrato Antimafia.
L'altro è quello della mediazione politica. Un accordo difficile, se non impossibile, vista l'indisponibilità a qualsivoglia apertura sul principale tema di scontro, l'elettività. Ma proprio in queste ore Roberto Calderoli e Anna Finocchiaro, relatori del testo, stanno studiando un pacchetto di temi sui quali tendere la mano. Nel pacchetto rientrerebbero il numero di firme necessarie per presentare i quesiti dei referendum abrogativi, che nel testo attuale è fissato a 800mila, le competenze del futuro Senato in materia di bilancio dello Stato. Infine, e un possibile allargamento del collegio elettorale chiamato a votare il prossimo presidente della Repubblica.
È proprio Grasso ad aver lanciato un segnale distensivo agli oppositori, ammettendo il voto segreto per tutti quegli emendamenti che concernono le competenze delle Camere e le minoranze linguistiche. Un pacchetto che, ancora una volta, esclude l'elettività, ma che comprende molti degli argomenti secondari sui quali in questi giorni si è data battaglia. Una mossa che corre sul crinale tra il via libera a quei "tranelli" dei dissidenti evocati questa mattina da Matteo Renzi e l'ammorbidimento delle asperità delle opposizioni.
"Tutto fatto a norma di regolamento", spiega Grasso. Che tuttavia sa benissimo che il rischio di impantanarsi è dietro l'angolo. Tant'è che la sua decisione lascia preoccupazioni sia nel Pd ("Il regolamento del Senato codifica rigidamente rarissimi casi in cui e' ammissibile il voto segreto. Bisogna quindi guardarsi bene da interpretazioni forzate, artificiose e strumentali del regolamento", ha ammonito Zanda) sia in Ncd ("Mi ha stupito la sua decisione, non lo nascondo. Mi auguro che lei vorrà valutare la strumentalità prima di esaminare le richieste di voto segreto", ha detto Sacconi al presidente).
Abbiamo fatto i conti con un funzionario della Camera Alta, che, per ovvie ragioni, ha chiesto l'anonimato: "Con quasi ottomila emendamenti, in tempi normali di lavoro, se si illustrassero e votassero tutti, occorrerebbero più o meno 200 giorni di lavoro".
Per questo la conferenza dei capigruppo ha stabilito sedute fiume dalla prossima settimana, dalle 9.00 alle 24.00. "Certo, in questo caso i tempi si dimezzerebbero - spiega la nostra fonte - potremmo calcolarli in circa cento sedute". C'è poi l'ipotesi alla quale stanno lavorando gli uffici tecnici del Pd, il "canguro", un meccanismo che prevede di far decadere automaticamente tutti gli emendamenti analoghi a quello previamente bocciato dall'Aula. "Qui il calcolo si fa più complicato, perché bisognerebbe esaminare uno a uno. Ma anche qui si potrebbe ulteriormente arrivare a dimezzare i tempi, forse qualcosa di più, ma non troppo".
Insomma, tirando la corda si arriva ad un minimo di circa quaranta giorni, senza contare le sedute necessarie per convertire i decreti in scadenza e sempre considerando un Senato al lavoro fino a mezzanotte. Altro che l'approvazione entro Ferragosto preconizzata dal governo. Ma dopotutto non è un mistero. "Di questo passo finiremo a novembre", ha scherzato Roberto Calderoli. "Così non votiamo nemmeno a dicembre", ha osservato Luigi Zanda. Due che ne capiscono, due che hanno accesso alla war room di Palazzo Madama dove si valutano i tempi e si decide il da farsi. Solo la ghigliottina potrebbe ridurre ulteriormente il tempo di discussione
Una situazione delicatissima, che potrebbe essere sbloccata solamente da un accordo politico: qualche concessione sui contenuti alle opposizioni in cambio del ritiro, almeno parziale, di un buon numero di emendamenti. Altrimenti, il rischio "paralisi" si farebbe più che concreto. Dopo cinque giorni di discussione, nel momento in cui scriviamo è in votazione l'emendamento numero 11. Ne mancano ancora 7789.

Nessun commento: