lunedì 28 luglio 2014

Da Taranto ferita un new deal per la sinistra

https://www.facebook.com/notes/nel-toscano/e-tempo-di-ripartire/10150391952124971

[foto Manna/PeaceLink]
di Antonia Battaglia
La politica che abbiamo visto in azione per le elezioni europee ha basato la campagna elettorale su una diffusa pochezza di programmi, sulla celebrazione dell’immagine del leader onnipotente e su una generalizzata mancanza di idee che, nemmeno in casi di crisi eclatanti come quella di Taranto, ha saputo generare proposte valide.

Al di là degli slogans anti-europeisti e delle rassicurazioni sul voler portare i problemi italiani in Europa (come se andare in Europa fosse la soluzione miracolosa per questioni che non si vogliono affrontare in casa), la mancanza di progetti è stata clamorosa. 


I partiti che hanno vinto a Taranto sono quelli che hanno sempre cercato di far passare l’idea che la questione meridionale, l’Ilva, l’inquinamento e l’emergenza sanitaria fossero nodi critici ai quali soltanto l’Europa potesse dare una risposta. 
La demagogia regna sovrana. Perché si sarebbe invece dovuto far presente agli elettori che l’Europa, che un’associazione ambientalista di Taranto ha chiamato con forza ad intervenire, non puo’ – per suo mandato – risolvere le questioni se non in modo indiretto rispetto alle azioni degli stati e dei governi. La Commissione Europea ha il compito di vegliare che il diritto europeo sancito dai trattati venga rispettato, controllando, verificando ed eventualmente comminando sanzioni. 

Gli europarlamentari di partiti autori di leggi sanzionate e sanzionabili dalle istituzioni europee vanno in Europa a chiedere cosa? Che i loro Stati vengano multati per leggi e politiche contrarie ai principi europei? Non sarebbe auspicabile che questi partiti cominciassero già in casa a porre in atto azioni legislative coerenti con queste norme e con questi principi? 

La città di Taranto ha votato in modo massiccio per il Partito Democratico e per il Movimento 5 Stelle. La contraddizione è davvero incomprensibile, considerato che il PD è autore dei numerosi decreti salva-Ilva e che ha portato avanti politiche in netto contrasto con la necessità di trovare una soluzione al problema sanitario, ambientale e occupazionale generato dalla presenza dell’Ilva. Il Movimento 5 Stelle non ha mai preso alcuna iniziativa, non ha mai espresso alcuna solidarietà ai lavoratori e alla popolazione di Taranto, né ha mai indicato una soluzione, che fosse una, al problema. Anzi, ha appoggiato il PD nel disegno di legge 1345 sui reati ambientali, l’arma che può salvare chi si rende reo di gravi crimini ambientali, poiché sancisce il danno come “alterazione dell’ecosistema”, rendendo del tutto impossibile punire penalmente reati anche importanti, simili a quelli ipotizzati a Taranto nel “processo Ilva” che sta per cominciare. 

La Lista Tsipras ha in realtà tradotto il vento rivoluzionario della protesta euro-greca nella elezione di due rappresentanti politici del vecchio sistema della sinistra: appunto di SEL e di Rifondazione Comunista che, senza l’escamotage Tsipras, non sarebbero mai arrivati in Europa. Il Presidente di SEL è rinviato a giudizio per la questione Ilva: Tsipras, quindi, ha di fatto tradito Taranto. 

Il progetto verde è ancora una volta fallito, al contrario di quanto è avvenuto nel resto d’Europa, perché una politica ecologista deve saper coniugare la proposta di modelli di sviluppo alternativo con azioni e programmi concreti e soprattutto realizzabili, che non siano distaccati ed in contrasto con una visione più ampia di rilancio economico e sociale. 

L’invisibilità endemica dei tarantini è stata per l’ennesima volta garantita dal fatto che non ci sia stata, sulla scena elettorale, una forza politica che abbia saputo interpretare in modo innovativo le istanze di una città ferita. La risposta a problemi complessi quali quelli che attanagliano la città non puo’ passare da proposte politiche superate. A Taranto come a Brindisi, nella Terra dei Fuochi, a Gela, a Falcognana, a Vado Ligure.

E’ dalla constatazione di questa impossibilità di rappresentare una importante fetta del Paese reale, che da Taranto, simbolo del fallimento generale del sistema, occorre far partire un vento politico nuovo. Un vero e proprio New Deal, ispirato agli ideali del rispetto dei diritti, della coesione sociale, della eguaglianza, della garanzia di rappresentatività di tutti i gruppi, della solidarietà umana, delle istanze ambientali. 

A Taranto hanno perso anche quelli che hanno vinto. La sinistra italiana deve ripartire da chi è stato fortemente tradito negli ideali, nelle speranze, nel passato, nel presente. 

Un New Deal fondato su pochi e precisi punti, che parta da una politica coraggiosa capace di risolvere la questione occupazionale, sanitaria ed ambientale. Un New Dealche sappia coniugare programmi e progetti con proposte ecologiche importanti, che abbiano potenzialità di realizzazione immediata. Un New Deal capace di proiettare per davvero Taranto in Europa. 

Una visione capace di mettere in atto azioni concrete, realizzabili nell’immediato: creazione di nuovi posti di lavoro, industrie e realtà produttive non inquinanti, ispirata ad una filosofia politica che ponga al centro l’essere umano, che sappia muoversi con coraggio e con l’ambizione di cambiare le cose. 

(29 maggio 2014)

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