domenica 26 febbraio 2012

MANIFESTO DEL SITO “Sdebitiamoci” Get out of debt!

https://www.facebook.com/pages/Sdebitiamoci-Get-out-of-debt-/262828030458093 
Sdebitiamoci! Non possiamo, Non Dobbiamo e Non vogliamo pagare questo debito assurdo! E’ giunta l’ora di rivendicare con forza, coerenza e in concreto la nostra libertà di scelta. Il Debito che sta strozzando il nostro Paese insieme a molti altri, è in realtà una costruzione voluta e mantenuta dai finanzieri senza scrupoli e dal sistema bancario cui si aggiunge il “giro” piuttosto torbido delle agenzie di rating. L’Islanda ha reagito e ha vinto; l’Argentina ha reagito e sta vincendo e altre nazioni stanno seguendo questi esempi. La nostra Associazione “Treno delle Donne per la Costituzione” apre questa pagina per raccogliere adesioni CONCRETE di chi realmente vuole agire per contrastare l’attuale situazione e aiutare il Paese a uscire dalla crisi.

Ripristinare un sistema economico umano si può, basta volerlo. Esistono metodi estremamente semplici per creare sistemi economici fuori dall’Euro, che possono consentire ad imprese medie e piccole di proseguire nell’attività e alle famiglie di vivere con dignità.

Perciò SDEBITIAMOCI! Gridiamo forte e chiaro che il debito noi NON LO PAGHIAMO! Uniti si può vincere, ma dobbiamo essere tanti, compatti e determinati. Noi donne, solleviamo con la bandiera della nostra lotta in difesa dei sacrosanti diritti/doveri sanciti dalla Costituzione, anche il vessillo di SDEBITIAMOCI. Se aderirete in tanti potremo fare molto per il nostro Paese e anche per noi stessi.

Ricordate: il DEBITO Non Possiamo, Non Vogliamo, e Non Dobbiamo pagarlo! E questo tam tam vogliamo che percorra l’Europa intera per aggregare tutti coloro che sono decisi a lavorare per Sdebitarsi!!

Vi aspettiamo in tanti e subito!

martedì 21 febbraio 2012

Le patriote del Sud

Risorgimento

 Il ruolo delle eroine meridionali nella costruzione dell’Unità d’Italia. Antonietta De Pace, una combattente

Uno dei periodi storici più travagliati d’Italia è stato sicuramente quello Risorgimentale.
Ma anche quello più partecipato della nostra lunga storia, poiché in gioco c’era la conquista di un’unità nazionale, che fu sì raggiunta ma con il sacrificio di molti giovani uomini e donne. Questa sofferta “epopea” merita di essere approfondita, al di là delle celebrazioni che l’hanno vista al centro del dibattito politico e culturale del nostro paese lo scorso anno (ricorrendo il 150° anniversario dell’unità d’Italia), dato che ancora oggi in alcuni suoi aspetti rimane poco esplorata.
Tante, tantissime sono state le protagoniste femminili, giovani patriote di ogni classe sociale, borghesi e popolane, del Nord e del Sud della penisola, mandate sotto processo, talvolta esiliate, incarcerate, finite al patibolo negli anni cruciali della costruzione dell’Unità d’Italia. Ricordiamo Colomba Antonietti di origine umbra, morta accanto al marito vestita da uomo, o Carolina Santi Bevilacqua di Brescia che allestì e diresse un ospedale da campo, in cui morì il figlio, la principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che da Napoli condusse in Lombardia un battaglione di duecento uomini per combattere contro gli austriaci. E perché non ricordare anche Irma Bandiera, che accettò il patibolo davanti alla casa dei suoi figli pur di non rivelare i nomi dei combattenti. Alcune di loro, va ricordato, parteciparono alla lotta risorgimentale fin dai suoi primi tempi. È questo il caso di Eleonora Fonseca Pimentel. Scrittrice e poetessa, durante la brevissima esperienza della Napoli repubblicana nel 1799 fu tra le prime ad essere condannata a morte dai sostenitori della monarchia borbonica. Salì sul patibolo con grande dignità pronunciando la frase del poeta Virgilio: “Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”.
Tuttavia, grazie agli studi di Maria Sofia Corciulo e di Renata De Lorenzo dell’Università di Napoli “Federico II”, siamo in grado di ricostruire le vicende di alcune protagoniste del nostro “Risorgimento meridionale”, donne finalmente sottratte all’oblio: la vita, le passioni e il coraggio di Antonietta De Pace di Gallipoli (Le), di Serafina Apicella, originaria del Cilento, di Alessandrina Tombasco del Cilento, di Giuseppa Bolognara da Barcellona (Me), di Enrichetta Caracciolo da Napoli, di Giuseppina Turrisi Colonna da Palermo, di Giuseppina Vadalà da Messina, di Rosalia Denti da Palermo, di Teresa Filangieri da Napoli, di Luisa Granito da Napoli, di Maria Giuseppina Guacci da Napoli, di Grazia Mancini da Napoli, di Marianna Oliverio di Cosenza, di Lucrfezia Plutino da Reggio Calabria e di Firminia Siciliano Garlasco da Potenza.
In questo articolo mi soffermerò soltanto sulla storia di Antonietta De Pace, una donna che con grande determinazione e coraggio abbracciò le idee repubblicane e organizzò le combattenti, cosiddette “giardiniere”, contro il modello imposto dal Regno Borbonico e dalla cultura del tempo.
Antonietta nacque il 2 febbraio del 1818 a Gallipoli, in provincia di Lecce, da Gregorio, un banchiere napoletano, e da Luisa Rocci Cerasoli, una nobildonna d’origine spagnola i cui fratelli avevano partecipato attivamente alla Repubblica napoletana del 1799.
Ad otto anni Antonietta rimase orfana del padre, morto in circostanze misteriose. Perciò, insieme alle sorelle Chiara, Carlotta e Rosa, fu rinchiusa nel monastero delle clarisse di Gallipoli, la cui badessa apparteneva alla famiglia De Pace. La sorella Rosa sposò Epaminonda Valentino, responsabile della corrispondenza politica mazziniana tra Napoli e la Terra d’Otranto. È grazie a lui che Antonietta entrò a far parte della “Giovine Italia”. Il cognato Epaminonda morì in carcere a Lecce, a soli 38 anni. La fine prematura del cognato spinse Antonietta a lasciare Gallipoli per andare a vivere a Napoli con la sorella Rosa e i nipoti, dove collaborò attivamente con il comitato napoletano della “Giovine Italia”, presieduto allora dall’avvocato tarantino Nicola Mignogna. Qui nel 1849 fondò un Circolo femminile, composto prevalentemente da donne di estrazione nobile o alto borghese, i cui parenti si trovavano nelle carceri borboniche, allo scopo di mantenere i rapporti fra i detenuti politici e i loro parenti, e far pervenire nelle carceri viveri e altri mezzi di sussistenza, lettere e informazioni politiche. Oltre a dirigere il Circolo femminile, e il successivo Comitato politico femminile, attivo negli anni 1849-1855, Antonietta collaborò ad associazioni patriottiche meridionali, quali l’Unità d’Italia, che propagandavano l’unificazione dei numerosi movimenti politici del Meridione sotto l’egida repubblicana. A causa della sua attività, considerata eversiva, fu costretta a cambiare spesso abitazione, per non coinvolgere la sorella Rosa e per depistare la polizia borbonica. Arrestata il 26 agosto 1855, non esitò ad inghiottire, appallottolandoli, due proclami di Mazzini. Fu sottoposta a continui interrogatori e vessazioni di ogni tipo, senza mai rivelare alcunché delle sue attività cospirative. Il procuratore generale Nicoletti chiese per lei una condanna esemplare a morte. In un processo che fece molto scalpore, perché l’imputato era una donna e, per giunta, appartenente all’alta borghesia. Assolta perché la giuria si divise, dopo la sua liberazione visse strettamente sorvegliata dalla polizia, ma non abbandonò la sua attività di cospiratrice, anzi fondò a Napoli un Comitato politico mazziniano. Nell’ottobre del 1858 incontrò Beniamino Marciano, un giovane prete liberale di Striano, che era venuto ad abitare nello stesso edificio in cui risiedeva Antonietta. Tra i due nacque subito un intenso rapporto sul piano sentimentale e politico, che si coronò con il matrimonio celebrato nel 1876 quando Antonietta aveva già 58 anni.
Quando il 7 settembre 1859 Garibaldi entrò trionfalmente a Napoli con ventotto ufficiali, lo accompagnavano due donne, Emma Ferretti e Antonietta De Pace, vestite con i colori della bandiera italiana. Alla morte di Cavour, Antonietta De Pace si recò a Torino per i funerali, accolta con grandi onori dai patrioti meridionali che sedevano nel Parlamento italiano. Tanto che Garibaldi non poté fare a meno di scrivere: “…Voi donne, interpreti della divinità presso l’uomo, molto già avete fatto per l’Italia e molto ancora dovete operare per l’avvenire. Molto confido nelle donne di Napoli”.
Antonietta tornò a Gallipoli dopo trentaquattro anni di assenza e si dedicò all’educazione dei fanciulli, che esortava dicendo: “Noi abbiamo fatto l’Italia, voi dovete conservarla, lavorando a farla prospera e grande”. Morì la mattina di un giorno di sole a 76 anni. Il suo ritratto ad olio, dipinto dal Sogliano, è esposto al Museo civico della città di Gallipoli, mentre il Comune le intitolò una via cittadina e nel 1959 ebbe il suo nome anche l’Istituto Professionale Femminile di Lecce.

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Eroine (non più) dimenticate
La cordicella che veniva concessa alle donne condannate all’impiccagione per “custodire il pudore” tenendo legati i lembi della veste durante l’impiccagione venne rifiutata a Eleonora de Fonseca Pimentel, che “dovette far fronte alla morte senza le mutande che le avevano strappato via mentre indossava l’abito delle recluse”. I suoi illustri natali non le valsero neppure per avere il “triste privilegio di morire di scure anziché di laccio”, tanto i rivoltosi - soprattutto se donne - erano odiati dall’aristocrazia. È uno dei ritratti delle eroine del Risorgimento - tratteggiati sapientemente e curati con particolari che restituiscono con efficace immediatezza la loro umanità - da Marina Cepeda Fuentes in “Sorelle d’Italia. Le donne che hanno fatto il Risorgimento” (ed Blu). L’autrice, spagnola da tempo in Italia e giornalista dai multiformi interessi, racconta ‘l’altro Risorgimento’ attraverso documenti e testimonianze, leggende e poesie. Un libro che ha il pregio di porgere storie ed episodi con eleganza e dovizia di riferimenti e che si unisce ad altri studi nella convinzione che non basta qualche strada intitolata o qualche lapide impolverata a rendere omaggio a quelle eroine.
T.B.

domenica 19 febbraio 2012

I mille pezzi del centro sinistra palermitano!

https://www.facebook.com/notes/nella-toscano/i-mille-pezzi-del-centro-sinistra-palermitano/437641009970 Da tempo vado dicendo che per vincere  a Palermo sarebbe stato necessario un candidato/a completamente   fuori dei partiti , assolutamente nuovo rispetto ai soliti personaggi e che avesse competenze adeguate e passione per la Politica intesa come servizio e non come  il coronamento di un personalissimo sogno.   Naturalmente la mia   voce di donna  fuori dal coro è rimasta inascoltata, figuriamoci!
 Inascoltata dai partiti per ovvi interessi, inascoltata dalla così detta società civile, che riesce solo a lamentarsi, ma che poi alla prova dei fatti corre appresso a chi gli promette qualcosa o che gli elargisce un minimo favore o attenzione per i suoi personalissimi obiettivi e dagli intellettuali perché qui nessuno ha il coraggio di lottare per un cambiamento vero. E’ più comodo vivere all’ombra dei partiti  non si sa mai.
E così siamo arrivati al drammatico epilogo che è sotto gli occhi di tutti con il rischio più che fondato di riconsegnare Palermo alla destra.
Dico sinceramente che  non mi sarei aspettata che la battaglia per le primarie a Palermo   assumesse l’epilogo drammatico che è sotto gli occhi di tutti.
E’ vero quello che scrive sul suo blog lo scrittore Alajmo. Qui appena si è capito che si poteva vincere   “si sono scatenati gli istinti peggiori”. “Analisi lucidissima e drammaticamente vera. Il 4 marzo si vota per le primarie e il Pd va in mille pezzi, si frantuma Italia dei Valori. Ma il dato più drammatico è che si spacca il fronte degli uomini e delle donne che in questi anni sono stati i simboli della lotta alla mafia. Rosario Crocetta e Sonia Alfano appoggiano Fabrizio Ferrandelli, tessera Idv in tasca, insieme all’ex presidente dell’Antimafia Beppe Lumia e all’ala del Pd che sostiene il governo regionale di Raffaele Lombardo. Leoluca Orlando, invece, si batte per Rita Borsellino. La ginecologa Antonella Monastra, attivissima sul fronte sociale, corre per conto suo. Sull’altra sponda Davide Faraone, deputato regionale e “rottamattore”.
La cosa che più lascia sconcertati sono le accuse e  gli apprezzamenti dei candidati l’un contro l’altro armati:  c’è chi dice di essere contro l’alleanza con Lombardo, mentre alla Regione la sostiene e poi   Ferrandelli     che afferma  “Palermo non può avere un sindaco come la Borsellino, qui il lavoro da fare sarà durissimo, troppo per una persona di 67 anni”.
C’è da rimanere senza parole di fronte a tanta sfrontatezza!
Quando si dice una cosa e se ne fa un’altra, quando si antepone il numero degli anni alle qualità  di una persona   allora siamo davvero caduti in basso, abbiamo davvero scavato un solco troppo profondo perché possa essere ricolmato. 
L’altro aspetto che colpisce è che nessuno ha ancora capito cosa  propongono i vari candidati  per cambiare Palermo. Ad oggi nessuna idea degna di menzione è venuta fuori.
Quello che si capisce con certezza è che in questo giro di alleanze e cambi di casacca  ognuno sta combattendo una guerra  solo per se stesso!
Peccato davvero  non si possa fare come a Genova, a Milano e Napoli!
Nella Toscano
Palermo 19.2.2011

sabato 11 febbraio 2012

Tessera 2012 dell'Associazione il Treno Delle Donne In Difesa Della Costituzione!


Per  iscrivervi all’Associazione per continuare questo viaggio insieme a noi e per sostenerci nelle tante sfide che ci attendono. Abbiamo bisogno della collaborazione di tutte/i coloro che condividono i nostri obiettivi.
Per iscriversi occorre
Inviare una mail: retedonnesiciliane@libero.it , con l’indicazione dei propri dati anagrafici, recapiti telefonici, e-mail ed indirizzo di residenza dove volete ricevere le nostre comunicazioni.
Alla richiesta dovete allegare la copia del bonifico dell’avvenuto versamento della quota associativa che è
- per socio ordinario €. 30,00
- per disoccupati, casalinghe,studenti €. 10,00
- per socio sostenitore non inferiore ad €. 100,00
Per il pagamento della quota associativa annuale il codice IBAN el C/C bancario dell’Associazione è :
IT39V0335901600100000064026
L’adesione all’associazione è incompatibile con incarichi di partito e l’appartenenza ad essi.
Non sono ammessi tutti coloro che abbiano riportato condanne penali e/o indagati per reati connessi con la malavita organizzata, usura ecc …
La Presidente
Nella Toscano