Per modificare la Costituzione è richiesto il 
consenso della maggioranza qualificata dei deputati e dei senatori. Ci 
sarà pure un motivo se questa maggioranza finora non si è raggiunta. 
Così come ci sarà stato un motivo se nel referendum confermativo
 del 25 e 26 giugno 2006 oltre 15 milioni e 470 mila italiani risposero 
“No” alla riforma costituzionale allora approvata da una maggioranza 
parlamentare di centro-destra. Invero il riformismo costituzionale ha 
già dato qualche prova di sé, ad esempio con il rafforzamento 
dell’esecutivo nella dimensione regionale. Ciò è servito a riportare i 
conti pubblici sotto controllo e a garantire buona amministrazione? 
Difficilmente un osservatore spassionato darebbe una risposta positiva. 
In particolare, nella Regione più antica, la Sicilia, non c’erano mai 
state conclusioni anticipate delle legislature dell’Assemblea regionale 
siciliana prima delle modifiche dello Statuto introdotte con legge 
costituzionale n. 2 del gennaio 2001. Da quando il Presidente della 
Regione è eletto a suffragio universale diretto, già due volte si è 
dovuto anticipare il voto regionale. Dietro l’impudenza dei decisionisti
 soffia uno spiritello autoritario, che ci fa rabbrividire. L’obiettivo 
dichiarato è quello di porre fine alle chiacchiere ed assicurare una 
salda posizione di comando all’uomo (o alla donna) del destino. Con la 
legge elettorale vigente hanno già cercato di risolvere metà del 
problema: indebolire e delegittimare il Parlamento, asservendolo al 
Governo attraverso il meccanismo del premio di maggioranza. Ora si 
tratterebbe di completare il disegno autoritario: stabilire un Governo 
fortissimo, legittimato direttamente dal voto popolare; mantenendo 
contestualmente — in nome della governabilità, s’intende — nella legge 
elettorale meccanismi che garantiscano maggioranze parlamentari conformi
 all’indirizzo politico del Presidente. In fondo, è l’uovo di Colombo. 
Dare tutto il potere ad un Dominus; non importa chi sia (ovviamente per 
qualcuno, nell’immediatezza, meno male che Silvio c’è). Questo Dominus 
potrebbe anche essere a servizio di più forti poteri esterni, i quali 
preferiscono che la sovranità nazionale italiana si riduca ad un 
simulacro. Di fronte a questa prospettiva di  luminoso avvenire, possono
 temere e risentirsi soltanto quei conservatori che, come noi, ancora 
ragionino di quisquilie come gli equilibri istituzionali fra i diversi 
poteri, i pesi e i contrappesi, eccetera. Siamo tanto ottusamente 
conservatori da prendere sul serio persino il vecchissimo Montesquieu e 
la sua bizzarra teoria della separazione fra i poteri. Che pure gli 
Stati Uniti d’America continuano ad applicare, equilibrando i poteri del
 Presidente con i poteri del Congresso. Ma i nostri giuristi e 
costituzionalisti, si sa, possono fare molto meglio della Francia e 
degli Stati Uniti.
http://www.libertaegiustizia.it/2013/06/18/discussione-semiseria-sul-presidenzialismo/
http://www.libertaegiustizia.it/2013/06/18/discussione-semiseria-sul-presidenzialismo/
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