giovedì 1 agosto 2013

Questo è il solo governo IMpossibile



La sentenza della Cassazione

1 agosto 2013 -  



cassazioneDi fronte alla decisione definitiva della Corte di Cassazione, che ha condannato Silvio Berlusconi a quattro anni di reclusione per frode fiscale, il primo pensiero è di riconoscenza per i giudici che non si sono fatti condizionare dalle enormi pressioni giunte da ogni parte, accomunate a destra e a sinistra dal mantra della mancanza di alternativa rispetto alla anomala maggioranza che oggi governa il paese.
Il secondo pensiero è di vergogna: vergogna per l’Italia che per tanti anni ha eletto a proprio leader politico un uomo indegno delle prestigiose cariche pubbliche che ha a lungo ricoperto, un uomo inseguito, lungo tutta la sua carriera politica, da imputazioni per gravi reati, molte volte scansate grazie alla prescrizione o a leggi approvate ad hoc da un Parlamento connivente.
Il sentimento dominante è tuttavia l’indignazione: non solo perché è stato definitivamente accertato che quel leader politico ed ex presidente del Consiglio ha frodato lo Stato e i cittadini italiani, ma soprattutto perché la decisione odierna della Corte di Cassazione illumina di una luce impietosa e ineludibile la scelta del PD e di Scelta Civica (sic!) di condividere con questo leader un governo che pretende di agire per la salvezza del paese.
Quella scelta – da parte di partiti che hanno chiesto il voto agli elettori sulla base di un programma che escludeva esplicitamente qualsiasi alleanza con questa destra – era già, agli occhi di questi stessi elettori, un intollerabile abuso del mandato loro conferito con il voto. Una deformazione grottesca delle aspettative nutrite dalla grande maggioranza dei cittadini italiani, degenerata al punto di perseguire un testardo disegno di riscrittura della carta costituzionale, incurante del parere chiaramente espresso dai cittadini italiani solo pochi anni fa, di fronte ad un progetto analogo.
Oggi quella scelta diviene ancor più, e definitivamente, indifendibile: non solo perché si è visto, in questi mesi, che il governo prodotto dalla anomala maggioranza non è affatto in grado di operare per il rilancio del paese, ma anzitutto perché il nostro paese merita – e abbisogna in maniera famelica – di esempi virtuosi, di comportamenti onesti, di dedizione al bene pubblico, di giustizia: sono queste, e non le improvvide e menzognere intese, le basi sulle quali ricostruire il tessuto economico e sociale dell’Italia. E che si lasci in pace la Costituzione, tanto migliore dei suoi sgangherati epigoni!
A partire dalla sentenza odierna, occorre ristabilire nella vita quotidiana del paese il principio che la comunità non può che essere retta dal rispetto della legge, prima di tutto proprio da parte di chi detiene il potere, politico o economico che sia. E occorre fare finalmente piazza pulita della ridicola mistificazione, nata a destra ma sposata, ahimè, anche a sinistra, secondo cui chi ottiene molti voti sarebbe sottratto all’obbligo di soggezione alle regole che vincolano tutti i cittadini. Vogliamo ricordare gli infiniti casi in cui, negli ordinamenti anglosassoni, importantissimi esponenti politici hanno rinunciato alle loro cariche pubbliche a causa di violazioni, spesso modeste, da loro commesse?
Il messaggio della sentenza odierna va anzitutto alla politica: che torni ad essere il luogo nel quale il rispetto e la preminenza della legge sono il fondamento della pratica quotidiana, e non vi sia più bisogno di delegare alla magistratura l’affermazione dei principi che stanno all’origine dello Stato di diritto.
Già si sentono appelli alla “responsabilità”: per quanto ci riguarda, responsabilità oggi vuol dire prepararsi a ridare voce ai cittadini, per superare la deriva di questo impossibile governo.

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