giovedì 10 novembre 2016

No alla custodia cautelare in carcere per i colletti bianchi. E il ddl ricompatta il Centrodestra

Primo firmatario, il verdiniano Ciro Falanga di Ala. Il testo, presentato al Senato, sottoscritto anche dalle altre anime in cui si è diviso lo schieramento: Forza Italia, Conservatori e Riformisti di Fitto, Ap-Ncd del ministro dell'Interno Alfano. Se approvato, escluderebbe la detenzione per gli accusati di reati come finanziamento illecito dei partiti, autoriciclaggio, truffe aggravate, corruzione. A meno che non si usino armi e violenza o si evadano gli arresti domiciliari

ROMA - L'intero centrodestra, anche la parte confluita nella maggioranza, si ricompatta su un ddl che, andando a modificare l'articolo 274 del codice di procedura penale in tema di custodia cautelare, la escluderebbe per "colletti bianchi" e corrotti. Il ddl, presentato oggi al Senato dal verdiniano Ciro Falanga e firmato da altri 27 senatori di Forza ItaliaConservatori e RiformistiArea Popolare-Nuovo Centrodestra e, appunto, Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, riscrive l'ultima parte della norma sulla custodia cautelare escludendola, ad esempio, per il finanziamento illecito dei partiti e per quei reati anche gravi per i quali non vi sia stato uso di armi o violenza. Si eviterebbe così la detenzione agli accusati di reati come autoriciclaggio,truffe aggravatecorruzione reati economici. Qualora il ddl Falanga dovesse diventare legge, i cosiddetti "colletti bianchi" finirebbero al massimo agli arresti domiciliari. La custodia cautelare in carcere per loro potrebbe scattare solo in un caso: se fossero trasgredite "le prescrizioni imposte", ad esempio evadendo dagli arresti domiciliari. Ma non si rischierebbe più la detenzione solo per il fatto di essere accusati di un reato per il quale è prevista una pena superiore ai 5 anni, così come vuole la legge attuale.

Il rappresentante del gruppo di Verdini in commissione Giustizia, Ciro Falanga, difende il suo provvedimento spiegando che la disciplina della custodia cautelare, pur essendo "uno dei temi più controversi e sdrucciolevoli" per il legislatore, va riformata. A suo avviso, andrebbero "demolite le mitologie dell'insicurezza diffusa" e andrebbe recuperato "il discorso sulla custodia cautelare e della sua regolamentazione al più pacato e stabile terreno dei valori fondativi della nostra Repubblica". Pertanto, secondo il senatore di Ala, non si dovrebbe più guardare tanto "all'entità della pena del reato" per prevedere o meno la custodia cautelare in carcere, quanto al fatto se si sia usata o meno violenza ricorrendo anche all'uso di armi o se si tratti o meno di delitti di criminalità organizzata.

Per tutti gli altri reati gravi, come ad esempio quelli contro la pubblica amministrazione, la custodia cautelare in carcere non esisterebbe più. Nel ddl firmato anche dai senatori del partito del ministro dell'Interno Angelino Alfano, chiunque venga accusato di fattispecie come la truffa aggravata, l'autoriciclaggio o la corruzione, rischierebbe al massimo gli arresti domiciliari.

Sul significato politico di un gesto così dirompente da parte di tutto il centrodestra unito, le interpretazioni divergono. C'è chi ci legge un tentativo di ricompattamento in vista del dopo referendum e chi invece lancia l'ipotesi di una "manovra" che poi, alla fine, non risulterebbe tanto sgradita a "buona parte del Pd". Ma c'è anche chi pensa che quello di Falanga sia solo un modo di "rendere la pariglia" al Pd che prima "aveva promesso" un sostegno al suo ddl sull'abusivismo edilizio e poi "si è rimangiato la parola".

Bisogna però ricordare come il senatore Falanga sia attivo da tempo sul tema della custodia cautelare. L'8 aprile 2015, prima dell'approvazione definitiva da parte del Senato del disegno di legge che riforma la disciplina delle misure cautelari, proprio Falanga era intervenuto in Aula per parlare di "occasione mancata" rispetto alla correzione della "anomalia tutta italiana" dell'alta percentuale di detenuti in attesa di giudizio nella popolazione carceraria. Anche allora Falanga aveva affermato la giustezza del subordinare il ricorso alla custodia cautelare in carcere "esclusivamente al pericolo della commissione di delitti con uso di violenza o contro la persona" perché solo "la necessità di proteggere il supremo bene della vita e dell'incolumità delle persone può giustificare la massima compressione del bene della libertà personale di un presunto innocente". E dicendo questo aveva ricordato il suicidio del manager Gabriele Cagliari durante Tangentopoli.

Lo stesso senatore Falanga, di fronte alle analisi "politiche" sulle reali motivazioni della sua iniziativa, tiene oggi a precisare: "Il ddl - scrive in una nota - nasce esclusivamente dalla mia sensibilità giuridica da un lato e da quella umana dall'altra. Dietro questa mia iniziativa legislativa non vi è alcuna linea di partito. Attribuire a questa proposta un'interpretazione diversa è tanto grave quanto becero. Ricordo che ben il 50% dei detenuti in attesa di giudizio viene poi riconosciuto innocente. Su questa problematica
e su quella del sovraffollamento carcerario in generale - ricorda ancora Falanga - è intervenuto addirittura l'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, attraverso l'unico messaggio alle Camere che ha inviato durante i nove anni trascorsi al Quirinale".

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