martedì 26 novembre 2013

Qualche riflessione sul tema della "violenza di genere"

 Di Maria Giuseppina Fusco

Nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ho sfogliato i giornali alla ricerca di qualche articolo più consonante con le mie riflessioni. Non ne ho trovati. Troppa stramaledetta retorica. Né ho voglia di mettermi a fare io la retorica dell’antiretorica. L’unico articolo che mi ha strappato un sorriso ed un sia pur parzialissimo consenso è stato quello di Gilioli…nel quale si invita a “Parlare ai maschi, ma ai peggiori” e si ricorda Antanas Mockus, che quando era sindaco di Bogotà aveva pensato ad una sorta di ‘telefono azzurro’ per i maschi tentati dalla violenza. Farli parlare, ascoltarli, aiutarli a superare il momento critico. Mockus pensava cose del genere e le faceva pure: cose contro la logica apparente, oggetto di irrisione da parte dei ‘benpensanti’ , ma mirate ad un punto cruciale del problema più di tante leggi minacciose e repressive. Anch’io ho la tentazione di sorridere all’idea del ‘telefono azzurro’: un cerottino su una ferita slabbrata e profonda. Ma se non hai altro…I maschi che violentano sono persone che vivono in un rapporto di frustrazione-proprietà con l’altro sesso. Malattia dalla quale non sono certo esenti le donne. Che però non violentano. Si tratta comunque, scrive Gilioli, di “persone che non sono state educate a rapportarsi consensualmente e liberamente con l’altro sesso e a vivere il sesso in modo diverso da quello con cui si nutre l’animale affamato. Persone che probabilmente alla propria frustrazione sessuale ne assommano altre”. Gilioli suggerisce che sia la scuola a provvedere … “ andare oltre, dice Gilioli, cambiare i valori …..puntare verso una società in cui la sessualità viene insegnata fin dalle scuole dell’obbligo non solo con il racconto del semino e dell’ovetto, ma soprattutto in tutte le sue componenti psicologiche e relazionali, che sono alla base del rispetto per se stesso e dell’altro. Alla base, quindi, di una buona vita sessuale. Per tutti: maschi, femmine, gay e ogni altro orientamento possibile” . Ma io penso che prima della scuola venga la famiglia. E penso che non possa esistere una educazione sessuale a se stante, che prescinda dall’educazione tout court. L’educazione alla vita. Ad una vita pienamente umana. D’altronde, sia la scuola sia la famiglia stanno dentro la società. E la società è gravemente malata. Ne ha tanti di mali, ormai cronicizzati. Forse il più grave si chiama consumismo. E se i nostri figli crescono educati al consumismo, respirandolo in tutti i luoghi in cui avviene la loro crescita, dobbiamo sapere che il consumismo porta con sé la reificazione delle persone, la loro trasformazione in cose. Da calpestare quando non danno più il piacere del consumo proprietario.

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