il manifesto 12 luglio 2013 -
Andrea Fabozzi
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Proprio al manifesto, nel giorno dell’insediamento dei “saggi”, la professoressa Carlassare aveva detto: “Sono consapevole dei rischi che corro, se mi rendessi conto di non riuscire a far valere le mie ragioni mi dimetterei”. Ma non è per questo che ora lascia. Piuttosto, ha spiegato in una lettera al ministro delle riforme Gaetano Quagliarello, perché “non posso certamente continuare a far parte della Commissione di un governo sostenuto da una maggioranza che decide di fermare i lavori del parlamento, perché la data di una sentenza non consente a un imputato eccellente di fruire della prescrizione”.
Professoressa Carlassare, il Pdl ha sostenuto il suo dirittto a potersi riunire per reagire a quello che considera un “attacco della magistratura”. Cosa c’entra con il lavoro dei “saggi”?
Ho annunciato le mie dimissioni al ministro Quagliarello, che è persona assai cortese, con dispiacere. Ma non mi è più possibile partecipare a una commissione governativa dopo quello che è successo mercoledì in parlamento. Abbiamo assistito a una clamorosa violazione dei principi più elementari dello stato di diritto. Non solo: la decisione di bloccare le istituzioni rappresenta un’evidente pressione indibita sulla corte di Cassazone. Con quel gesto clamoroso la maggioranza sembra voler indurre la Corte a esprimere un giudizio favorevole nei confronti di un imputato eccellente.
Non le è parsa irrituale una convocazione tanto ravvicinata dell’udienza?
Direi piuttosto che per la Cassazione era doveroso comportarsi così. Doveva evitare che i reati di cui Silvio Berlusconi è accusato andassero, anche in questo caso, prescritti.
Come giudica la decisione del Pd di acconsentire allo stop, sia pure di un solo giorno rispetto ai tre chiedeva inizialmente il Pdl?
Sono sgomenta. Non posso accettare che anche i parlamentari per i quali ho stima si siano piegati di fronte a un simile comportamento arrogante. Un comportamento che già di per sé è contrario alla Costituzione, perché il rispetto della magistratura è tra le prime regole dello stato di diritto.
Aggiungerei anche che provo meraviglia per il fatto che di fronte a questa arroganza siano rimaste in silenzio personalità di grande autorevolezza e cariche di responsabilità istituzionali. Anche per questo ho deciso che era doveroso far sentire la mia voce, per quanto esile.
Però aggiunge di dimettersi con dispiacere dalla commissione dei saggi.
È così. Da principio ero riluttante, vista l’innaturale maggioranza che sostiene il governo. Per di più il percorso che ha portato alla nascita di questo esecutivo mi sembrava e continua a sembrarmi costituzionalmente dubbio. Ma vista la qualità dei colleghi sono rimasta volentieri nella commissione. Anche perché stavo registrando notevoli convergenze di pensiero. Nel corso dell’ultima riunione – dedicata all’argomento più delicato, la forma di governo – sono stata felice di scoprire una grande condivisione attorno all’idea che la forma di governo parlamentare può essere sì migliorata, ma senza cambiarla in favore di un improbabile presidenzialismo. Mi dispiace davvero, ma dopo quel che è accaduto in parlamento ho capito che non mi sarebbe più stato possibile restare. Così ho deciso di dimettermi.
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