(di Liana Milella)
Ha dell’incredibile il compromesso raggiunto al Senato sul ddl anti-corruzione. Soprattutto a guardarlo in questi giorni, mentre esplode l’ennesimo scandalo su una loggia di affaristi giunta fin dentro palazzo Chigi. Una P4 scoperta dai giudici che segue la P3 e la P2. Orbene. Ecco che accade. Al Senato approvano mercoledì 15 giugno, dopo un anno di attesa, un ddl anti-corruzione ridicolo. Basti pensare, come abbiamo già segnalato, che sarà il governo presieduto da Berlusconi ad avere la delega per scrivere il capitolo degli ineleggibili nelle istituzioni.
Ma non non c’è solo questa contraddizione in quegli articoli. Ce n’è un’altra, anch’essa macroscopica. Si arriva al compromesso, tra Pdl, Pd e Idv (è contro l’Udc), di affidare il compito di vigilare sulla corruzione in Italia, facendo piani e riferendo al Parlamento, a una rivisitata e ampliata Civit, fantasmatica “Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza, l’integrità delle amministrazioni pubbliche”. Ne avete mai sentito parlare? Il governo l’ha costituita il 27 ottobre 2009 con l’obiettivo, è scritto sul sito della Civit, di “ottimizzare la produttività del lavoro pubblico” e garantire “l’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Non basta. Chi è il presidente della Civit? L’ex toga di Unicost Antonio Martone, avvocato generale in Cassazione e un passato da presidente dell’Anm, che il 29 luglio 2010 ha dovuto lasciare la magistratura, prima che fosse il Csm a intervenire, perché era finito nell’inchiesta sulla P3. Aveva partecipato anche lui al pranzo a casa del coordinatore del Pdl Denis Verdini (con il ben noto faccendiere Flavio Carboni e Pasquale Lombardi finiti entrambi in cella). Obiettivi multipli, tra cui tentare di influire sulla Consulta per non far bocciare il lodo Alfano, evitare che la lista Formigoni fosse esclusa dalle regionali, far nominare alla Corte d’appello di Milano il loro amico Alfonso Marra. Il non più magistrato Martone è rimasto al vertice della Civit.
Il ddl deve ancora passare al vaglio della Camera. Ma se fosse operativo si avrebbe la singolare coincidenza che a occuparsi dei piani contro la corruzione in Italia sarebbe questa Civit con questo presidente. Una Civit che resta comunque un’emanazione di palazzo Chigi, visto che i componenti sono scelti dal ministro per la Pubblica amministrazione (cioè il Brunetta che bolla i precari come “l’Italia peggiore”) d’intesa con quello per l’Attuazione del programma, l’ex Dc Rotondi. Certo, l’opposizione ci mette bocca, il capo dello Stato firma, ma Martone è ancora lì. Ormai da un anno.
Ha dell’incredibile il compromesso raggiunto al Senato sul ddl anti-corruzione. Soprattutto a guardarlo in questi giorni, mentre esplode l’ennesimo scandalo su una loggia di affaristi giunta fin dentro palazzo Chigi. Una P4 scoperta dai giudici che segue la P3 e la P2. Orbene. Ecco che accade. Al Senato approvano mercoledì 15 giugno, dopo un anno di attesa, un ddl anti-corruzione ridicolo. Basti pensare, come abbiamo già segnalato, che sarà il governo presieduto da Berlusconi ad avere la delega per scrivere il capitolo degli ineleggibili nelle istituzioni.
Ma non non c’è solo questa contraddizione in quegli articoli. Ce n’è un’altra, anch’essa macroscopica. Si arriva al compromesso, tra Pdl, Pd e Idv (è contro l’Udc), di affidare il compito di vigilare sulla corruzione in Italia, facendo piani e riferendo al Parlamento, a una rivisitata e ampliata Civit, fantasmatica “Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza, l’integrità delle amministrazioni pubbliche”. Ne avete mai sentito parlare? Il governo l’ha costituita il 27 ottobre 2009 con l’obiettivo, è scritto sul sito della Civit, di “ottimizzare la produttività del lavoro pubblico” e garantire “l’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Non basta. Chi è il presidente della Civit? L’ex toga di Unicost Antonio Martone, avvocato generale in Cassazione e un passato da presidente dell’Anm, che il 29 luglio 2010 ha dovuto lasciare la magistratura, prima che fosse il Csm a intervenire, perché era finito nell’inchiesta sulla P3. Aveva partecipato anche lui al pranzo a casa del coordinatore del Pdl Denis Verdini (con il ben noto faccendiere Flavio Carboni e Pasquale Lombardi finiti entrambi in cella). Obiettivi multipli, tra cui tentare di influire sulla Consulta per non far bocciare il lodo Alfano, evitare che la lista Formigoni fosse esclusa dalle regionali, far nominare alla Corte d’appello di Milano il loro amico Alfonso Marra. Il non più magistrato Martone è rimasto al vertice della Civit.
Il ddl deve ancora passare al vaglio della Camera. Ma se fosse operativo si avrebbe la singolare coincidenza che a occuparsi dei piani contro la corruzione in Italia sarebbe questa Civit con questo presidente. Una Civit che resta comunque un’emanazione di palazzo Chigi, visto che i componenti sono scelti dal ministro per la Pubblica amministrazione (cioè il Brunetta che bolla i precari come “l’Italia peggiore”) d’intesa con quello per l’Attuazione del programma, l’ex Dc Rotondi. Certo, l’opposizione ci mette bocca, il capo dello Stato firma, ma Martone è ancora lì. Ormai da un anno.
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