Il "se non ora quando" in versione elvetica andrà in scena il 14 giugno. "I posti di lavoro malpagati e le cattive condizioni di lavoro sono molto più frequenti tra le donne che tra gli uomini. In barba alle leggi"
LUGANO (Svizzera) – Le donne in movimento chiedono la parità salariale. È fissata per il 14 giugno la grande manifestazione delle lavoratrici svizzere, che scenderanno in piazza in tutta la Confederazione per chiedere la parità di trattamento nel mondo del lavoro. Spinte da una rinnovata coscienza di genere, al grido di “Se non ora quando”, da questa parte del confine le donne si erano già mobilitate lo scorso 13 febbraio, quando dalle piazze italiane è stato gridato un secco “no” al modello di relazione tra donne e uomini, un modello lesivo della dignità delle donne ostentato anche da alte cariche dello Stato.I presupposti della protesta svizzera del 14 giugno sono differenti, ma non per questo meno rilevanti. Qui non è la dignità nella rappresentazione dell’immagine femminile o dell’idea della donna a essere in discussione. Forse c’è qualcosa di ancora più profondo e radicato. La Svizzera, ad esempio, è l’ultimo tra gli stati occidentali ad aver riconosciuto il suffragio universale femminile (nel 1971), qui il principio dell’uguaglianza salariale è sancito solo dal 1981. Ma le differenze rimangono, anche dove formalmente esistono leggi, rispetto e dignità. Così martedì prossimo le donne svizzere saranno in piazza e chiederanno a viva voce che la parità tra i due sessi diventi finalmente una realtà concreta. “Nell’arco degli ultimi anni abbiamo ottenuto alcuni miglioramenti – spiegano Roberta Bonato e Francesca Scalise, sindacaliste e organizzatrici della manifestazione in Canton Ticino -, ma resta ancora tanto da fare”.
Al grido di “finiamola con la finta parità!” spiegano che il problema della diseguaglianza tra uomini e donne è più che mai attuale: “Sono trascorsi 30 anni dall’iscrizione dell’articolo sulla parità nella Costituzione federale, 20 dallo sciopero delle donne e 15 dall’entrata in vigore della Legge sulla parità dei sessi, ma 280 mila donne continuano a guadagnare meno di 4000 franchi al mese (circa 3250 euro, ndr) pur lavorando a tempo pieno – entra nel dettaglio Roberta Bonato -. I posti di lavoro malpagati e le cattive condizioni di lavoro sono molto più frequenti tra le donne che tra gli uomini. In barba alle leggi, in Svizzera le donne guadagnano in media il 20% in meno degli uomini. È uno scandalo! Unia si batte contro queste disparità e rivendica un aumento dei salari femminili, la realizzazione della parità salariale e un miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne”.
Stando ai dati diffusi dal sindacato Unia, in Svizzera ogni donna dovrebbe guadagnare in media 14 mila franchi in più l’anno (11400 euro, ndr) per raggiungere la parità con gli uomini: “In termini assoluti una donna in Ticino deve lavorare 15 mesi per ottenere lo stesso stipendio annuo di un uomo, una disparità che si appesantisce maggiormente nelle fasce salariali più basse – continua la sindacalista -. Negli ultimi 40 anni il divario tra i salari femminili e maschili non si è praticamente ridotto, con lo stesso ritmo ci vorrà ancora un secolo prima di riuscire ad affermare la parità salariale”. Il volantino che pubblicizza l’evento del 14 giugno invita tutte le lavoratrici a partecipare vestendosi di rosa, lilla o fucsia. Si sono date appuntamento in piazza Dante, nel centro di Lugano, soffieranno nei fischietti, stenderanno in piazza i panni sporchi della discriminazione, allestiranno bancarelle informative e nel corso del pomeriggio daranno vita a momenti di dibattito, con musica e interventi a sostegno della lotta per la parità.
Oltre che per la parità dei salari e i salari minimi, si manifesterà anche per chiedere asili nido e strutture di accoglienza, per avere migliori possibilità di conciliare famiglia e lavoro e per un’organizzazione del lavoro che permetta agli uomini di occuparsi della famiglia. Nell’elenco delle rivendicazioni non mancano anche argomenti che esulano dall’ambito ristretto del mondo del lavoro, come la lotta senza esitazione contro ogni forma di violenza e di molestie sessuali e la soppressione di ogni forma di sessismo, anche a livello di linguaggio, fino al rispetto delle donne e del loro corpo nei media e nella pubblicità. Le donne svizzere chiedono anche una maggiore rappresentazione delle donne nelle istituzioni politiche, anche se giova ricordarlo, su questo piano in Svizzera siamo avanti anni luce: il presidente della Confederazione è una donna, Micheline Calmy-Rey (e non è una show girl).
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