Ho ricevuto e volentieri pubblico per una serena riflessione comune:
Le riforme, le esigenze
della rappresentanza, il rispetto della coerenza costituzionale: una “questione
democratica”
Il Comitato nazionale dell’ANPI rileva che:
-
l’indirizzo che si sta
assumendo nella politica governativa in tema di riforme e di politica
istituzionale non appare corrispondente a quella che dovrebbe essere la
normalità democratica;
-
si sta privilegiando il tema
della governabilità (pur rilevante) rispetto a quello della rappresentanza
(che è di fondamentale e imprescindibile importanza)
-
si continua nel cammino -
anomalo - già intrapreso da tempo, per cui è il Governo che assume l’iniziativa
in tema di riforme costituzionali e pretende di dettare indirizzi e tempi al
Parlamento;
-
un rinnovamento della
politica e delle istituzioni è essenziale per il nostro Paese, come già
rilevato nel documento dell’ANPI del 12 marzo 2014;
-
sono certamente necessari aggiustamenti
anche del sistema parlamentare, così come definito dalla Costituzione,
rispettando peraltro non solo la linea fondamentale perseguita dal legislatore
costituente, ma anche le esigenze di centralità del Parlamento, della
rappresentanza dei cittadini, del controllo sull’attività dell’Esecutivo, delle
aziende e degli enti pubblici, in ogni loro forma e manifestazione;
-
in questo contesto, è
giusto superare innanzitutto il cosiddetto bicameralismo “perfetto”,
fondato su un identico lavoro delle due Camere e quindi, alla lunga, foriero
anche di lungaggini e difficoltà del procedimento legislativo; ma occorre farlo
mantenendo appieno la sovranità popolare, così come espressa fin
dall’art. 1 della Costituzione e garantendo una rappresentanza vera ed
effettiva dei cittadini, nelle forme più dirette;
-
il Senato, dunque, non va
“abolito”, così come non va eliminata l’elezione da parte dei cittadini
della parte maggiore dei suoi componenti; possono essere individuate anche
forme di rappresentanza di altri interessi, nel Senato, come quelli delle
autonomie locali, della cultura, dei saperi, della scienza; ma in forme tali da
non alterare il delicato equilibrio delle funzioni e della rappresentanza;
-
la maggior parte
dell’attività legislativa può ben essere assegnata alla Camera, così come il
voto di fiducia al Governo; ma individuando nel contempo forme di
partecipazione e tipi di intervento da parte del Senato, così come previsto
in molti dei modelli già esistenti in altri Paesi;
-
in nessun modo il Senato può essere
escluso da alcune leggi di carattere istituzionale, nonché dalla
partecipazione alla formazione del bilancio, che è lo strumento fondamentale e
politico dell’azione istituzionale e dei suoi indirizzi anche con riferimento
alle attività di Autonomia e Regioni;
./.
2.
-
tutto questo può essere
realizzato agevolmente, anche con una consistente riduzione di spese,
non solo unificando la gran parte dei servizi delle due Camere, ma anche
riducendo il numero dei parlamentari, sia della Camera che del Senato, vista
l’opportunità offerta dalla differenziazione delle funzioni;
-
bisogna anche dire che
concentrare tutti i poteri su una sola Camera, per di più composta anche
col premio di maggioranza, lasciando altri compiti minori ad un organismo non
elettivo, con una composizione spuria e fortemente discutibile ed obiettivi e
funzioni altrettanto oscure, non appare rispondente affatto al disegno
costituzionale, dotato di una sua intima coerenza proprio perché fatto di
poteri e contropoteri e di equilibri estremamente delicati; un disegno che in
qualche aspetto può – e deve – essere aggiornato, ma non fino al punto di
stravolgere quello originario.
Queste sembrano, all’ANPI, le linee fondamentali di un
cambiamento democratico delle istituzioni, che esalti il ruolo
del Parlamento, rafforzi la rappresentanza dei cittadini in tutte le sue
espressioni, ed assegni ad ognuna di esse il ruolo che le compete secondo gli
orientamenti generali della Carta Costituzionale e le esigenze della
democrazia, da perseguire con economicità di spesa ed efficienza dei risultati.
Appare, altresì, pacifico che deve essere riformato il
titolo V della Costituzione, procedendo ad una più razionale ripartizione
delle competenze tra Stato e Regioni, che elimini ragioni di conflitto e
consenta agli organi centrali dello Stato di esprimere una legislazione di
pieno indirizzo su materie fondamentali per tutto il territorio; definisca
compiutamente e definitivamente il ruolo delle Regioni, a loro volta
bisognose di riforme sulla base dell’esperienza realizzata dal 1970 ad
oggi, che spesso le ha viste diventare altri organismi di centralizzazione dei
poteri e le riconduca a funzioni di indirizzo e controllo e non di gestione;
nonché precisi in modo conclusivo tutta la materia delle Province e degli enti
intermedi, finora risolta con provvedimenti parziali che non sembrano
corrispondere ad esigenze di effettiva razionalità e di contenimento delle
spese.
Tutto questo richiederà tempi più adeguati, escluderà
la fretta, rispondente, piuttosto che ad esigenze razionali, ad altro tipo di
logiche; ma dovrà essere affrontato senza tergiversazioni e senza inopinati
stravolgimenti dei metodi e degli stessi contenuti. Se è giusto porre
rimedio ad alcune incongruenze strutturali rivelate dall’esperienza,
l’obiettivo deve essere quello di farlo con saggezza e ponderazione, ed
anche con le competenze necessarie, sempre preferibili alla improvvisazione ed
all’incoerenza di una fretta dettata da ragioni molto lontane dal rispetto con
cui si devono affrontare serie riforme costituzionali.
Ci sono, sul tappeto, diverse proposte; altre sono
fornite dall’esperienza giuridica e politica di altri Paesi; le si esamini
senza pregiudizi e insofferenze ed
ascoltando pareri e proposte che possono contribuire al miglior esito
delle riforme.
E si approfitti dell’occasione per un ripensamento della
legge elettorale, che così come approvata da un ramo del Parlamento, non
risponde alle esigenze di una vera rappresentanza e di democrazia e
soprattutto contraddice, oltre alle attese di gran parte dei cittadini, le
stesse indicazioni della Corte Costituzionale.
3.
Infine, l’occasione non appare idonea per raccogliere
l’antica esigenza, manifestata da altri Governi e sempre respinta, di un
rafforzamento dell’esecutivo e del suo Presidente, che vada a scapito della
funzione e del ruolo del Parlamento, al quale il Governo può indicare priorità,
come è suo diritto, ma non imporre scadenze e calendari privilegiati
rispetto a qualunque autonoma iniziativa del Parlamento.
Su tutti questi temi, l’ANPI è pronta a discutere e
confrontarsi, ma prima di ogni altra cosa, intende informare i cittadini,
perché sappiano qual è la reale posta in gioco e capiscano che questa
Associazione, che si rifà a valori fondamentali e in essi trova la sua forza e
la sua autorevolezza, intende esercitare non solo la sua funzione critica,
ma anche la sua capacità propositiva, nel rispetto assoluto del suo
ruolo e della sua autonomia.
Quando si tratta di difendere valori che si richiamano alla
Costituzione ed alla democrazia, oltreché ai diritti di fondo in cui si esprime
la sovranità popolare, l’ANPI non può che essere in campo, non per
conservare, ma per innovare, restando però sempre ancorata ai valori
ed ai princìpi della Costituzione.
Questa non è l’ora della obbedienza ai diktat, ma è quella della
mobilitazione, a cui chiamiamo tutti i cittadini, per fare ciò che occorre
con la dovuta ponderazione e col rispetto e la salvaguardia degli
interessi fondamentali dei cittadini, che certo aspirano ad un rinnovamento,
ma in un contesto equilibrato e democratico, corrispondente alle linee coerenti
e chiaramente definite dalla Costituzione repubblicana.
IL COMITATO NAZIONALE DELL’ANPI
Roma, 9 aprile 2014
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