Il Manifesto
29 aprile 2014 - 2 Commenti »
Massimo Villone
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Dopo
le dure — e meritate — critiche sul senato non elettivo, qualcosa
si muove sul fronte della riforma, in discussione nella commissione
affari costituzionali. Da ultimo si parla di senatori eletti dai
cittadini insieme ai consiglieri regionali, ma su listino
separato, ovvero di senatori scelti dai consiglieri regionali nel
proprio ambito.
In principio, ribadiamo che è un volgare imbroglio far intendere che cancellare la natura elettiva è scelta unica e indispensabile per superare il bicameralismo paritario. Si può fare in molti modi. La proposta di Renzi è inaccettabile perché giunge al bicameralismo differenziato uccidendo politicamente la seconda camera. Il che è particolarmente grave nel momento in cui pesa sulla prima camera un sistema elettorale pesantemente distorsivo della rappresentanza. Veniamo alle ultime proposte. Se di rimedio si tratta, è inefficace.
Ecco una prima domanda: migliorerebbe la qualità del ceto politico chiamato al seggio senatoriale? Ovviamente no.
L’elezione in senato non sarebbe il punto terminale di un autonomo cursus honorum, ma un benefit annesso alla conquista del seggio in consiglio regionale. Condividerebbe tutti gli elementi che hanno reso a livello regionale pervasivo un ceto politico di bassa qualità, non certo alieno da corruzione e malapolitica, come testimoniano le cronache, anche giudiziarie. Quel seggio si conquista con voto di lista e preferenza (unica), e in larga parte del paese al costo di – a quanto si sussurra – centinaia di migliaia di euro per la campagna elettorale. Da qualche parte i quattrini dovranno pur venire. Con il finanziamento pubblico azzerato, chi avesse la ventura di capitare in senato avrebbe probabilmente molti conti da saldare. Con quali vantaggi per l’istituzione è facile capire.
Una seconda domanda: migliorerebbe la rappresentatività dell’istituzione senato? Certamente no. La selezione dei senatori sarebbe comunque assoggettata ai meccanismi di trascinamento della maggioranza da parte del candidato governatore vincente, e allo stravolgimento provocato dalle liste personali a suo sostegno. Distorsioni persino maggiori dell’Italicum, sommate secondo l’esito del voto in ogni regione. Che un simile senato sia nel complesso aderente agli equilibri politici effettivi del paese potrà essere solo un caso fortuito. È ben vero che il giudizio va fatto sulle proposte scritte e definitive. Dunque, si vedrà. Intanto, rimangono in piedi le aporie già illustrate su queste pagine. Perché affidare a un simile senato funzioni come la revisione della costituzione, o la nomina di giudici della corte costituzionale? Quale efficace controllo potrebbe esercitare sul governo, che tiene con gli esecutivi regionali un parallelo circuito di concertazione? E così via. Alla fine, perché tutto questo? Renzi non è uno sciocco.
Sotto l’apparenza di giovanilismo un po’ sempliciotto così bene raffigurata da Crozza traspare uno che sa quel che fa. Non può non capire che le proposte avanzate peggiorano la qualità della rappresentanza politica nazionale e indeboliscono il parlamento, laddove la buona salute delle istituzioni richiederebbe esattamente il contrario. La domanda ultima allora è: perché Renzi vuole un simile esito, tanto fortemente da impegnare la propria sopravvivenza politica? Non basta dire che si cancellano le indennità. Ormai è chiaro a tutti che è solo una facciata. Non basta in un paese dove si sprecano decine di miliardi ad opera del ceto politico regionale e locale che si vuole ad ogni costo promuovere, e della corruzione che in esso si annida. Basta poi dire che il risparmio atteso è stato già annullato quando è scomparsa — in qualche stanza di Palazzo Chigi — la riforma dell’Aci e del Pra. Due le risposte possibili.
La prima: Renzi ha un debito da pagare lui stesso, o vuole guadagnare favori in un ceto politico che vede come più omogeneo e vicino alla sua leadership. Lasciamo che altri elaborino su questo punto, perché non ci piace il gossip.
La seconda: più debole è l’interlocutore parlamento, meglio è per Renzi. Una camera si azzera politicamente, e l’altra si addomestica col sistema elettorale e con qualche intervento sui poteri del governo in parlamento. Quel che basta perché nessuno possa disturbare il manovratore. Se la risposta è questa, i professoroni parrucconi hanno ragioni da vendere. Vogliamo ancora un senato elettivo. E non vogliamo si perda l’occasione di una seconda camera pienamente rappresentativa, visto che la prima non lo sarà. Che faranno i senatori? Sembra avvicinarsi il suicidio collettivo. Sono stati convinti da qualche spiraglio su un futuro ritorno al seggio? Che lascino la speranza. È difficile che parlamentari abituati da più legislature alla investitura per lista bloccata e volontà del principe possano competere in una elezione con lista e preferenza unica, che semina in ogni partito morti e feriti. Saranno sterminati. E francamente, vista la incapacità di difendere l’istituzione — oltre che se stessi — con autonome riflessioni e proposte, non sentiremo la loro mancanza. Il punto è che quelli di domani saranno peggiori.
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