Corriere della Sera
Dacia Maraini
So già che molti avranno da ridire su questa idea della semplificazione, perché la cultura, la scienza, la ricerca, sono spesso processi complicati che impediscono la comprensione immediata. Ma bisogna distinguere fra la complicazione necessaria, che approfondisce il pensiero e la complicazione inutile che è lì solo per nascondere e offuscare. La giustizia, comunque, dovrebbe tendere a semplificare. L’immediatezza del giudizio è la prima e più importante delle semplificazioni. La giustizia dovrebbe togliersi di dosso i tanti parassiti anche linguistici con cui allunga i tempi, rimanda, e rende vischiosa e confusa ogni richiesta di giustizia. Qualcuno dirà: ma la realtà è complicata, semplificando la banalizziamo. È vero , a volte la complicazione del pensiero è il solo modo per sfuggire agli stereotipi della globalizzazione. Ma la giustizia ha bisogno di chiarezza e di rapidità. Perché le ingiustizie sono fulminee e legate all’oggi. Certo, nella rapidità gli errori sono più probabili. Ma mentre i guasti dovuti alla rapidità sono probabili e rimediabili, i guasti dovuti alla lunghezza sono certi e irrimediabili. Fra l’altro, come dice Marnetto, «questa distorsione ha generato una (in)giustizia di censo: pene sovradimensionate verso reati “miseri” come uso di stupefacenti e clandestinità e pene virtuali nei confronti di reati “ricchi” di faccendieri ed evasori». Per questo è importantissimo riformare la giustizia, ma non nel senso del garantismo che è anche eccessivo a casa nostra, ma della certezza e della rapidità della pena perché «senza legalità la democrazia muore».
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