E’ un disastro accaduto per
caso e per circostanze astrali. Se oggi i napoletani, i campani sono
degli appestati devono maledire loro stessi. Anzi per contrappasso
devono subirsi anche il solito tweet – ‘popolo di merda’ – del poco originale bamboccione pokerista Mario Adinolfi.
Ecco, noi subiamo tutto. Sempre in silenzio. Chi aveva responsabilità
di governo ai massimi livelli, chi ricopriva le cariche commissariali,
chi ha dettato il proprio verbo per oltre un ventennio non è colpevole
di nulla. Quell’incubo, quel buco nero di munnezza è solo frutto di una
ipersensibile percezione collettiva immaginaria. L’ecoballa a cazzo di
cane non costituisce reato. Sullo sfondo sbiadito resta solo un
dettaglio: le contestazioni più pesanti per i 27 imputati non sono
neppure approdate a dibattimento perché prescritte. Adesso occorre
passare per vittime, essere riabilitati, ringiovanirsi politicamente,
esibire un credito da riscuotere nei palazzi, aspettare le scuse,
rimettersi al timone con la promessa di garantire sempre loro: i vecchi e nuovi amici.
Le
sentenze vanno rispettate, ci mancherebbe. Ma nessuno può davvero
immaginare che quel grande cataclisma che è stato in Campania il ciclo
dei rifiuti non abbia dei responsabili. Ho nella mente ancora le
suppliche della gente prigioniera in casa che affacciata implorava la presenza di un bobcat
per spalare le cataste di immondizia che invadevano portone, finestre,
balconi di un secondo piano. Giorni tragici. Accadeva a Napoli, in
Campania, in Italia, nell’Europa del terzo millennio. Vorrei capire di
cosa parliamo. Antonio Bassolino, i suoi vassalli, i
portaborse, i suoi prestanome, la cerchia magica dei fedelissimi, il suo
apparato dalle convergenze trasversali e il suo partito allora come oggi gonfio di tessere
meno pregiate di quelle dei buoni sconto dei supermercati, erano loro i
protagonisti principali della scena politica campana e nazionale di
quegli anni. A lui ed ai suoi uomini toccano le responsabilità tutte politiche di quanto accaduto.
Troppo
facile e banale ricorrere spiegazioni giudiziarie o morali. Ci sono le
assoluzioni, restano i sei milioni di tonnellate di ecoballe, il
cosiddetto corpo di reato che tale non è, ammassate sui territori dove
abitano i residenti-elettori che a quella classe politica aveva affidato
un mandato per costruire con la politica delle buone pratiche il
futuro. Ecco quel futuro non esiste più. Al suo posto
c’è un’ipoteca su tre generazioni che ha le fattezze di cubi di munnezza
compressa, avvolta da nastro verde a testimonianza di un ciclo di
rifiuti mai decollato e di una politica sott’accusa. Toccherà allo Stato
– scrivono i giudici – rimuoverle dal territorio. Voglio ricordare che è
lo stesso Stato che ha segretato i verbali del collaboratore di giustizia, il camorrista Carmine Schiavone, che nel 1997 indicava, raccontava cosa vi fosse sotto terra. Nessuno fece niente. Silenzi. Omissis. Segreti. La Commissione bicamerale presieduta dal verde Massimo Scalia votò all’unanimità proposte di legge e modifiche al codice penale che se attuate avrebbero evitato il genocidio di una popolazione e l’avvelenamento di un’intera regione.
Adesso
tutte anime belle: c’è chi c’era ma non c’era; c’è chi non aveva
capito; c’è chi votava e non sapeva cosa; c’era chi firmava ma non aveva
letto (Ricordate la reazione furibonda e scomposta dello stesso
Bassolino quando Bernardo Iovene di Report gli chiese conto delle inutili consulenze affidate a Tizio, Caio e Sempronio?). E’ il solito gioco delle tre scimmiette. Inspira l’aria. Fermati. Come nella preghiera del Santo Rosario snocciola i nomi e dici Amen. Giorgio Napolitano
all’epoca dello scempio era ministro dell’Interno ora è al secondo
mandato di Presidente della Repubblica. Voglio dire mai un monito. Mai. E
poi Gianni Pittella, all’epoca dei fatti deputato
nelle fila del Pds e componente di quella commissione d’inchiesta sui
rifiuti. Adesso continua ad essere il feudatario della Basilicata, è
vice presidente del Parlamento Europeo e candidato alla leadership del
Pd. Loro come tanti non vedevano, non sentivano e non parlavano.
Lo so è forte il paradosso, sembra una provocazione, non lo è. L’unico “serio” resta proprio il cassiere dei Casalesi il boss Carmine Schiavone:
almeno lui, in tempi non sospetti, decise di affidarsi allo Stato.
Forse non sapeva che quello Stato in alcune sue articolazioni e gangli è
più marcio, più intrallazzatore e più illegale del suo stesso mondo
d’appartenenza. Mi chiedo: i cittadini cosa devono fare? Cosa devono
pensare? A chi devono rivolgersi? Il timbro “riservato” e le verità
giudiziarie che non coincidono con la verità assolvono i rappresentanti
di quelle istituzioni che furono i cerimonieri del disastro. Il
ceto politico – nel frattempo – non solo non si è rinnovato ma chiede
oggi a gran voce ai dinosauri assolti e prescritti di tornare a salvare
la patria. Ecco non avevamo capito nulla, non c’è mai stata l’emergenza rifiuti
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