La firma del giornalismo italiano aveva 86 anni, nel 1976 aiutò
Scalfari a fondare il quotidiano. Cuore sempre a sinistra, ma non ha mai
risparmiato critiche. Sempre in difesa della dignità delle donne, fu
eletta al Senato, ma resistette un anno: "Una cosa è dare le noccioline
alle scimmie e una cosa trovarti dentro la gabbia. Tutto mi appariva
molto lento e molto faticoso, che non ne valeva la pena e infatti mi
sono tirata da parte"
E’ morta
Miriam Mafai. La giornalista e scrittrice aveva 86 anni. La Mafai ha intrapreso la carriera del giornalismo scrivendo su
l’Unità e altri importanti quotidiani italiani. Ha contribuito alla nascita della
Repubblica nel 1976 e ne è diventata editorialista. A darne notizia il sito internet della stessa
Repubblica.
“Un ricordo per Miriam Mafai, donna fortissima e dolcissima,
giornalista che sapeva spiegare perché voleva capire” commenta il
direttore di Repubblica,
Ezio Mauro, su twitter.
Come donne ”nessuno ci ha regalato niente”, ha detto una volta e forse è
la frase che più si addice per ricordare meglio il temperamento di
questa giornalista, e scrittrice, di vaglia, scomparsa oggi a Roma, che
ha raccontato, dalle colonne di vari giornali (dall’
Unità a
Paese Sera, a
Noi donne, a
Repubblica),
l’Italia degli ultimi 60 anni. Lo ha fatto partendo da idee di
sinistra, ma senza mai risparmiare le critiche quando la sua parte
politica sbagliava o era in ritardo nell’analisi dei cambiamenti della
società.
Figlia di due pittori e intellettuali,
Mario Mafai – esponente di spicco della Scuola Romana, e
Antonietta Raphael
– Miriam era nata a Firenze il 2 febbraio del 1926: in tempo per vedere
il fascismo, l’Italia in guerra e le leggi razziali che avevano
riguardato anche la sua famiglia, visto che la madre era ebrea e figlia
di un rabbino lituano. Radici che Miriam ha sempre rivendicato con
orgoglio come sue.
Attiva nell’opposizione al fascismo e nella Resistenza, una volta finito
il regime Mafai è già un funzionario del Pci. Il partito la manda in
Abruzzo. Nel 1948 sposa
Umberto Scalia, anche lui uomo di partito designato ad occuparsi di affari internazionali. Hanno due figli: il primo,
Luciano, destinato a diventare un dirigente sindacale; la seconda,
Sara,
che diventerà giornalista come lei. Dopo la Liberazione ha continuato
la sua attività politica e dal 1951 al 1956 è stata assessore al Comune
di Pescara. Nel 1957 la famiglia Scalia si trasferisce a Parigi, dove
Umberto è in missione per il Pci. Ed è lì che avviene il debutto di
Miriam nel giornalismo:
Maria Antonietta Macciocchi, con cui ha lavorato durante la Resistenza, la fa diventare corrispondente di
Vie nuove, altra storica pubblicazione della sinistra di quei tempi, fondata da
Luigi Longo.
Un anno dopo, il ritorno a Roma dove Mafai entra nell’Unità e nel 1961
ne diventa redattore parlamentare: comincia così quella grande
consuetudine con il mondo politico di cui per tantissimi anni si
occuperà.
Nel 1962 la sua vita privata cambia: si lega a
Giancarlo Pajetta, il
partigiano “Nullo”, uno fra i più importanti esponenti del Partito
Comunista Italiano. Lui è già separato, per lei il matrimonio con
Umberto è già finito. Eppure nel partito di allora l’unione suscita un
qualche scandalo: “La mentalità – racconterà dopo – era grave. Dalle
donne comuniste si pretendeva un grande rigore morale”. Quel sodalizio
durerà 30 anni: Pajetta – lo racconterà lei stessa – è stato “l’unico
amore” della sua vita. Un connubio fondato – sono sempre parole sue – su
una reciproca autonomia, rara per quei tempi e forse anche oggi: “Ci
siamo voluti molto bene Giancarlo ed io, ma – rivelerà – non abbiamo mai
sacrificato pezzi della nostra esistenza”. Nota anche la citazione
fulminante della Mafai: “Tra un weekend di passione con il mio Pajetta e
un’inchiesta io preferirò sempre, deciderò sempre per la seconda”.
Dopo l’
Unità ecco
Paese Sera, altra storica testata di sinistra, ma differente dal quotidiano di partito fondato da
Antonio Gramsci. La collaborazione con il giornale finisce però a metà degli anni Settanta: Miriam contribuisce nel 1976 alla fondazione di
Repubblica,
giornale destinato a diventare un punto di riferimento dell’area
progressista e riformista italiana. Mafai è una firma di punta del
giornale, tra le più inquiete ed originali: i suoi editoriali spaziano
su tutti gli aspetti della vita nazionale, non escluso il costume.Dal
1983 al 1986 è stata anche presidente della
Federazione nazionale della stampa. Il suo legame con la politica resta tuttavia intatto, tanto da portarla per una legislatura ad essere senatore del
Partito democratico della sinistra.
Lasciò un anno dopo: “Una cosa è dare le noccioline alle scimmie –
spiegò una volta – e una cosa trovarti dentro la gabbia delle scimmie.
Tutto mi appariva molto lento e molto faticoso, che non ne valeva la
pena e infatti subito le elezioni successive mi sono tirata da
parte”. Critica feroce del berlusconismo, ha spesso richiamato l’Italia
ad un ritorno a valori diversi.
Attenta ai grandi e ai piccoli cambiamenti della società, Miriam Mafai
ha travasato nei suoi tanti libri questa capacità di raccontare una
società in movimento che si stacca dal passato: partiti tradizionali
compresi. Nel libro “Botteghe oscure addio” (Mondadori, 1996) – con cui
ha vinto il Premio Cimitile lo stesso anno – ha raccontato “come eravamo
comunisti”, mentre in “Dimenticare Berlinguer” (Mondadori, 1996) si è
occupata di sinistra italiana e tradizione comunista. Nel “Silenzio dei
comunisti” (Einaudi, 2002) invece ha parlato – in un dialogo con
Vittorio Foa e
Alfredo Reichlin
– di ciò che era giusto salvare di quella esperienza storica. Nel 2005
Miriam Mafai ha vinto il Premio Montanelli per la sua attività votata
allo sviluppo della cultura italiana del Novecento, con particolare
attenzione al mondo femminile. Ne sapeva qualche cosa. Del resto lo ha
sempre sostenuto: alle donne “nessuno ha regalato niente”.
Scalfari commosso: “Era una donna libera”. “Se ne va una donna molto laica, libera, una donna di sinistra e una femminista militante”. Il fondatore di Repubblica
Eugenio Scalfari
affida a un’intervista audio sul sito del giornale il ricordo per la
Mafai. “Questa notizia della scomparsa di Miriam – dice Scalfari, con la
voce rotta dalla commozione – me l’aspettavo purtroppo, sapevamo che le
sue condizioni erano gravi. Ma un conto è aspettarselo, un conto è
sapere che un’amica non c’è più. Sono molto triste, se ne va una persona
che è stata mia grande amica, preziosa per il giornale e direi per il
Paese. Era tante cose insieme: aveva una vitalità eccezionale e
un’allegria della vita. Era una donna di sinistra, militante, ma anche
una femminista militante, cosa che nel Pci di allora non era così
comune. Poi era molto laica, era il liberissimo pensiero”.
Napolitano: “Grande talento e combattività”. Con Miriam
Mafai ”scompare una dellepiù forti personalità femminili italiane degli
scorsi decenni: erede di un’alta tradizione intellettuale e artistica
famigliare, si era impegnata giovanissima nella Resistenza romana,
affermandosi presto come giornalista di grande talento e combattività, e
quindi come significativa scrittrice in stretto legame con il movimento
per l’emancipazione delle donne e con l’attività politica della
sinistra”. E’ il ricordo commosso che il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano,
affida ad un messaggio partecipando al dolore dei figli, della sorella
Simona e di tutti i familiari della giornalista. “Lo spirito critico con
cui aveva ripercorso le sue scelte ideali – aggiunge il Capo dello
Stato – era parte di un temperamento morale alieno da convenzionalismi e
faziosità. Nel ricordare la schietta amicizia che ci ha così a lungo
legati, mi resta vivissima l’immagine della sua umanità appassionata,
affettuosa ed aperta”.
Bersani: “Protagonista del nostro tempo”. Cordoglio anche dal segretario del Pd
Pierluigi Bersani:
“Con Miriam Mafai se ne va una protagonista del nostro tempo.
Giornalista, scrittrice, militante politica fin dai tempi della
Resistenza, dirigente della sinistra italiana e deputata al Parlamento,
fino ad essere parte della Direzione nazionale del Pd, Miriam Mafai ha
vissuto tanti ruoli diversi ma sempre con intelligenza, passione e
curiosità di sapere. Esprimo alla famiglia il cordoglio mio e del
Partito democratico”. “E’ una perdita dolorosa per tutta la città di
Roma e per tutti i cittadini a prescindere dagli orientamenti politici –
aggiunge il sindaco di Roma
Gianni Alemanno – La sua
cristallina militanza politica, il suo impegno per la Liberazione della
nostra città e dell’Italia, il rigoroso lavoro giornalistico l’hanno
trasformata in un punto di riferimento del dibattito politico e
culturale. Ai familiari, alla redazione di
Repubblica e a tutti
coloro che hanno condiviso il suo percorso umano e politico le sincere
condoglianze mie e di tutta la città di Roma”. Messaggi di cordoglio
sono arrivati da tutti gli esponenti politici di sinistra e di destra.