di
Federico La Mattina per Marx21.it
Il
primo maggio 1947 a Portella della Ginestra, in Sicilia, si consumava
la prima strage dell’Italia repubblicana. Migliaia di lavoratori
provenienti da San Giuseppe Jato, San Cipirrello e Piana degli Albanesi
si erano riuniti sul pianoro di Portella della Ginestra seguendo
un’antica tradizione risalente a fine ‘800, impedita durante il
fascismo. La festa venne interrotta da intense scariche di mitra che
provocarono – secondo i dati
ufficiali – la morte istantanea di undici persone e ne ferirono una
trentina. I tribunali di Viterbo e Roma affibbiarono tutta la
responsabilità della strage al bandito Giuliano e alla sua banda,
formulando un giudizio de facto
compatibile con gli interessi delle forze politiche che all’indomani
degli eventi di Portella avevano fornito (volontariamente) una versione
estremamente riduttiva della strage, minimizzando e negando il carattere
politico della stessa. L’efferata strage di Portella si inserisce
all’interno di una particolare congiuntura storico-politica per
analizzare la quale è impossibile scindere la dimensione locale del
massacro dagli avvenimenti politici italiani e internazionali. E’ utile a
tale proposito riepilogare i principali eventi che fanno da sfondo al
primo maggio 1947, senza la comprensione dei quali è impossibile
cogliere la dimensione politica della strage siciliana che si colloca in
un momento storico caratterizzato dal riassetto degli equilibri
internazionali.
La
questione agraria, di antica origine, si ripropose in Sicilia in modo
dirompente all’indomani della caduta del fascismo; era presente un forte
movimento contadino che si proponeva di destrutturare il sistema
latifondista ( il latifondo interessava ancora il 27% della proprietà
fondiaria). A livello nazionale, il ministro comunista Fausto Gullo
(ministro dell’agricoltura del secondo governo Badoglio), soprannominato
“ministro dei contadini”, avviò tra il 1944 e il 1946 un coraggioso
processo di riforme che dava manforte al movimento contadino e sin dal
1944 Girolamo Li Causi, segretario del PCI siciliano, aveva portato
avanti il radicamento dei comunisti nel territorio. Il decreto-legge n.
279 del 19 ottobre 1944, emanato del ministro Gullo, prevedeva
l’assegnazione delle terre incolte ai contadini singoli e associati in
cooperative, l’assegnazione dei prodotti nella mezzadria impropria e
nella compartecipazione e la riduzione dei canoni di affitto.
Nell’estate del ’44 venne emanato un decreto-legge sulla fissazione del
prezzo del grano. A detta dello storico siciliano Francesco Renda –
scomparso di recente – i decreti Gullo << costituirono nel
complesso l’iniziativa forse più importante dei governi di unità
nazionale, che non si sovrappose alla iniziativa dal basso delle masse
contadine, ma ne favorì la crescita sul piano organizzativo e politico, e
ne rese possibile la mobilitazione con obiettivi concretamente definiti […]
>>. (Renda, 1976, 44) La questione meridionale si configura
quindi come una questione nazionale. I proprietari terrieri, le forze
conservatrici e la mafia erano interessati a frenare tale movimento di
natura democratica e di indirizzo socialista. Scrive lo storico Giuseppe
Casarrubea:Di
fatto, mafia, latifondo e politica centrista, dopo l’instabilità
provocata dalla caduta del fascismo nel senso della riapertura dei
giochi per il controllo del territorio, riscoprono le forme di un nuovo
equilibrio socio-statuale, capace di coinvolgere la società, l’economia e
le spinte istituzionali, nel governo della cosa pubblica, trovando uno
snodo nel comune interesse contro le riforme e gli indirizzi determinati
dalle leggi Segni-Gullo. […] (Casarrubea, 1997, 82)Il
1946 e il 1947, con in mezzo la strage di Portella, furono anni carichi
di violenza perpetrata contro la sinistra ad opera di mafiosi e
banditi: assalti armati alle Camere del Lavoro e alle sezioni di
partito, uccisioni mirate di contadini, sindaci comunisti e socialisti e
dirigenti sindacali. Non si tratta di fenomeni isolati né tanto meno di
comune delinquenza ma di una enorme ondata di violenza volta a frenare
il movimento dei lavoratori e l’avanzata delle sinistre. Tutto ciò
avvenne peraltro in un contesto di impunità.In
occasione delle elezioni regionali tenutesi in Sicilia il 20 aprile
1947 il Blocco del Popolo – coalizione formata da PCI e PSI – si affermò
come prima forza politica con il 29.13%, ottenendo la maggioranza
relativa dei voti. Le elezioni decretarono il fallimento del progetto
separatista e la Democrazia Cristiana con il 20.52% era il principale
partito in grado di contrastare il ‘pericolo bolscevico’. Durante il
1947 imponenti manifestazioni contadine erano sfociate in occupazioni di
terre e il risultato elettorale del 20 aprile non rassicurava
certamente i blocchi di potere che vedevano in tale movimento il
principale avversario da combattere. Persa la partita sul campo del
separatismo, agrari e destra reazionaria – con convergenza mafiosa – si
ritrovarono a dovere contrastare le sinistre sia sul versante dello
Stato nazionale, sia su quello dell’autonomismo regionale.E’
importante considerare il mutamento degli equilibri nazionali: nel
maggio del ’47 i comunisti vennero estromessi dal governo dopo il
viaggio di De Gasperi negli USA e poco dopo l’Italia aderì al Piano
Marshall. L’Italia faceva parte del blocco Occidentale e la
‘normalizzazione’ della neo-repubblica necessitava una chiara svolta
anticomunista. Anche in Francia il Partito Comunista Francese – che
aveva ottenuto il 28.3% alle elezioni legislative del 1946 – venne
escluso dal governo nel 1947. La strage di Portella, compiuta pochi
giorni dopo il trionfo elettorale del Blocco del Popolo, rappresentava
un messaggio di sangue per i comunisti sia a livello regionale che
nazionale: non era possibile per loro andare al governo o favorire
processi di cambiamento democratico. Il banditismo, a tutt’oggi
ufficiale responsabile della strage di Portella, << non si
esercitò più nella sua forma tradizionale, ma fu incorporato in una
elementare e confusa ideologia politica, divenendone parte organica,
contro l’avanzare impetuoso del movimento contadino, e le sue conquiste
nazionali e regionali >> (Casarrubea,1997,77).Recenti
ricostruzioni della strage portate avanti grazie agli archivi del
dipartimento di Stato USA e dell’Oss (servizi segreti statunitensi)
ipotizzano la presenza di diversi gruppi di fuoco che possedevano armi
in dotazione alla Decima Mas di Junio Valerio Borghese e agli americani,
sulla base dei rapporti tra neofascisti, mafia e servizi segreti
statunitensi. La strage serviva quindi a decretare la fine dell’unità
nazionale, provocare una sollevazione da parte di comunisti e socialisti
( che non avvenne) a cui contrapporre una dura reazione repressiva.Il
2 maggio 1947, in sede di Assemblea Costituente, si discusse della
strage di Portella. Il Ministro dell’Interno Mario Scelba escluse il
carattere politico della strage. In quell’occasione intervenne Girolamo
Li Causi, segretario del PCI siciliano e membro della Costituente. Si
riporta un passo:Onorevoli
colleghi, debbo immediatamente dichiarare che non sono niente affatto
soddisfatto dalle dichiarazioni del Ministro dell’interno, onorevole
Scelba, perché il modo politico con cui egli ha voluto esprimere un
giudizio sugli avvenimenti siciliani deve essere nettamente respinto da
ogni cittadino onesto, indipendentemente dalla fede politica o religiosa
[…]Siamo di fronte ad un fatto che mostra la decisa volontà di
provocare in Sicilia la guerra civile, di mantenere, specialmente dopo
il responso del 20 aprile, l’Isola in uno stato di tensione, di torbida
agitazione […]Il
tribunale di Viterbo il 3 maggio 1952 pronunciò una sentenza in perfetta
sintonia con la ricostruzione riduttiva e mistificante di Scelba.
Scrive a tale proposito Giuseppe Casarrubea:La
sentenza pronunciata il 3 maggio 1952 fu il primo grande capolavoro
della magistratura italiana, il primo atto ufficiale di un potere dello
Stato che agiva in perfetta sintonia con altri poteri, nei quali le
ragioni di salvaguardia di soggetti e gruppi sociali ben definiti,
prevalevano, di fatto, su quelle del diritto delle masse popolari e
delle organizzazioni che le difendevano. Ragioni parallele che negavano
persino l’evidenza dei fatti e convergevano, assieme, in un grande
sistema di difesa della borghesia mafiosa, del conservatorismo
filoagrario, del centrismo in nome del quale, lo stesso anno delle
stragi, erano stati sbarcati i comunisti dal governo. […] (Casarrubea, 1997, 266)La
strage di Portella, punto di snodo nella storia dell’Italia
repubblicana, è il primo di una lunga serie di massacri impuniti che
reclama ad oggi una giustizia mai pervenuta.Federico La Mattina
Riferimenti bibliografici
Casarrubea Giuseppe, Portella della Ginestra: microstoria di una strage di Stato. Vol. 214. FrancoAngeli, Milano, 1997.Casarrubea Giuseppe, Storia segreta della Sicilia: dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra. Bompiani, Milano, 2005.Renda Francesco, Il movimento contadino in Sicilia e la fine del blocco agrario nel Mezzogiorno, De Donato, Bari 1976.Portella della Ginestra 50 anni dopo (1947-1997), Atti del Convegno (Piana degli Albanesi, 28-30 aprile 1997) a cura di Pietro Manali, SALVATORE SCIASCIA EDITORE, 1999.Scritti e discorsi di Girolamo Li Causi, Discorsi e interventi parlamentari, a cura di Giuseppe Cardaci, s.d., Istituto Gramsci Siciliano.