Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo > Legge elettoral...
La sentenza della Corte costituzionale apre un varco impensato: potrebbe ricadere sulle norme con cui si eleggono le assemblee regionali con il rischio di travolgerle una dopo l’altra. Magari a partire da quella governata da Roberto Maroni, dove un ricorso pende proprio davanti alla Consulta che – con ogni probabilità – non smentirà se stessa
Che il problema esista e potrà presto materializzarsi come un incubo (o una liberazione) in tutta Italia lo conferma Andrea Morrone, il costituzionalista che seguì il comitato referendario per l’abrogazione (bocciato alcuni mesi fa dalla Corte). “Anche a livello regionale potrebbero configurarsi profili di incostituzionalità analoghi che il precedente della Corte sul Porcellum può a questo punto rafforzare rappresentandoli come argomento da utilizzare in altre situazioni”. E quindi da domani l’avvocato Bozzi di turno che si svegliasse col piede storto potrebbe far crollare più d’una certezza al secondo piano del potere politico-amministrativo del Paese. Ragioniamo in astratto, dice Morrone. “Se il teorema ha come premessa maggiore che un sistema elettorale a liste bloccate che non prevede una preferenza è illegittimo perché incostituzionale ne discende che tutte le leggi elettorali che non prevedono la possibilità di esprimerla sono altrettanto illegittime”.
Maroni, il primo a rischio (con autogol)
La
Lombardia è un pezzo avanti, anche sulla soglia
dell’incostituzionalità. Lo scorso 10 ottobre il Tar ha rinviato alla
Corte costituzionale il ricorso contro la legge regionale n.17/2012
depositato dall’avvocato Felice Besostri della direzione nazionale del
Psi, che ne metteva in dubbio la costituzionalità. La decisione della
Consulta potrebbe a questo punto essere accelerata dal “precedente” sul
Porcellum. Che esista un collegamento oggettivo tra le due vicende lo
rilevava, suo malgrado, il presidente della Lombardia Maroni che
commentava così, a caldo, la notizia dell’accoglimento del ricorso: “Non
ho ancora letto le motivazioni del Tar, ma francamente mi pare sia una
cosa stravagante, perché il premio di maggioranza è previsto addirittura
nella legge nazionale e in altre leggi regionali”. Dal 4 dicembre non
più.
Per semplificare la Corte ha bocciato la legge nazionale stabilendo che se c’è un premio si altera la giustizia elettorale e se non ci sono le preferenze si mortifica l’elettore. “E a questo punto da ogni città d’Italia potrebbe scattare un ricorso al Tar nella speranza che il giudice di merito rinvii la questione alla Corte costituzionale, così come accaduto con il Porcellum”. E a quel punto, ragiona il professore, “la Corte si troverà di fronte al dilemma di smentire una propria sentenza precedente o di uniformarsi e renderla così giurisprudenza. Un terremoto”.
Nessun commento:
Posta un commento